Meret Oppenheim è una delle artiste più note del Novecento: una figura quasi leggendaria di donna che seppe affermarsi nel contesto del surrealismo (di cui entrò a far parte nel 1933) e sviluppare una ricerca dai caratteri del tutto autonomi.
L’esposizione, inaugurata il mese scorso presso il LAC e visibile fino al 28 maggio, mette in evidenza la fitta trama di rapporti personali e creativi che legarono l’artista ai più anziani e spesso già celebri colleghi dell’epoca: Man Ray (di cui fu la modella preferita), Marcel Duchamp, Max Ernst, Alberto Giacometti, Jean Arp e altri ancora, documentati attraverso alcune delle loro opere più significative.
Emergono così dalle creazioni di Meret e dei colleghi i temi più cari all’immaginario artistico degli anni Trenta: le fantasie oniriche ed erotiche, la donna come creatura fatata o all’opposto strega, il feticismo e il rapporto con la natura. Negli anni del dopoguerra l’opera di Meret si arricchì anche della ricerca astratta e dimostrò la propria forza di suggestione su artisti delle generazioni successive.